
Gli inoccupabili
Si parla molto di circolarità ambientale, intesa come principio di sostenibilità ambientale strettamente legato alla chiusura dei cicli di materia ed energia. Un nuovo modello di sviluppo circolare richiede importanti innovazioni nelle scelte di progettazione, produzione e organizzazione del sistema industriale. Gli stili di vita e di consumo, i sistemi produttivi, le tecnologie attualmente esistenti non garantiscono il rispetto di tale principio.
Il paradigma della circolarità non si limita alla circolarità ambientale, ma include la circolarità sociale, intesa come sussidiarietà circolare e recupero di un’etica umana, con la sottomissione dei mezzi economici, tecnologici e finanziari al dominio dell’uomo e il recupero dei valori etici che fondano la società.
Sia la circolarità ambientale sia quella sociale potranno realizzarsi solo grazie all’educazione e alla competenza delle prossime generazioni. La generazione attuale ha solo il compito di porre in essere le condizioni strutturali per garantire il benessere delle generazioni future.
La situazione del mercato del lavoro pone delle sfide urgenti e radicali al sistema della formazione. Occorre tempestivamente strutturare una relazione virtuosa tra formazione e lavoro, che consentirebbe anche di coniugare obiettivi di circolarità ambientale ad obiettivi di inclusione sociale e contrasto alle crescenti forme di povertà e disoccupazione – le nuove povertà. Ma per vincere la sfida è necessaria un’azione di responsabilità congiunta da parte di tutti gli attori economici, sociali e politici.
La posta in gioco non è solo l’occupabilità, ma soprattutto quella di formare cittadini in grado di progettare liberamente il proprio presente ed il proprio futuro.
L’attuale fenomeno dello skill mismatch rischia di trasformarsi in una trappola dello sviluppo rispetto a qualsiasi tentativo di investimento, vanificando la possibilità di accedere a risorse pubbliche per la transizione tecnologica ed ambientale.
Ulteriore rischio è la perdita di importanti assets di competenze e know-how ingegneristici del Sistema Italia a causa del mancato trasferimento intergenerazionale.
L’attuale sistema formativo, avulso dal fabbisogno delle imprese e della società, se da un lato ha generato uno skill mismatch, dall’altro ha creato una overqualification di risorse, non occupabili proprio in conseguenza della forma-mentis orientata alla specializzazione estrema. Spesso l’ostentata specializzazione nasconde però carenze educative e di personalità, che risultano bloccanti ai fini dell’inserimento lavorativo. Non necessariamente l’overqualification è sinonimo di intelligenza, capacità relazionali, creatività, adattività, propensione al lavoro e al sacrificio, capacità di collaborazione di gruppo e condivisione delle conoscenze.
Se nel settore digitale si può ammettere un ritardo del sistema formativo in conseguenza delle repentine accelerazioni e transizioni delle tecnologie informatiche e elettroniche, il ritardo non è ammissibile per altri settori della tecnica e della ingegneria che mantengono una salda struttura di competenze storiche, e che oggi non vengono adeguatamente coltivate per inseguire le chimere e i miti delle mode sapientemente diffuse ad hoc per creare ignoranza.
In particolare, ai fini della creazione delle nuove figure ingegneristiche, a supporto della transizione circolare, non si tratta di assorbire nuovi metodi formativi o conoscenze, ma di recuperare una storica capacità del sistema formativo italiano di creare risorse con un solido back-ground. I nuovi strumenti digitali, le nuove tecnologie possono essere innestate solo in presenza di una solida cultura e competenza di base.