
La politica dei piccoli passi non porta lontano. L’UE chiede progetti ambiziosi
Il programma Next Generation EU rappresenta una sfida ed una enorme opportunità per il nostro paese. Forse l’ultima. I fondi disponibili vanno utilizzati al meglio, per evitare di trasformare una possibilità in una occasione persa, a danno delle generazioni future, che di fatto ci stanno “prestando” questo denaro.
In Italia il dibattito è tuttora arroccato su posizioni obsolete, che testimoniano una visione non abbastanza evoluta e priva di un approccio realmente contemporaneo. Il “riciclo” di vecchi progetti sottolinea la mancata comprensione dei profondi mutamenti che hanno interessato la nostra società, e l’incapacità di cogliere le forti interrelazioni tra fattori di tipo economico, sociale, ambientale e normativo.
L’emergenza sanitaria ha dimostrato come l’intervento pubblico non sia più sufficiente a soddisfare i bisogni crescenti e complessi dell’attuale sistema socio-economico. Così come ha dimostrato che l’organizzazione del Welfare e quella del mercato del lavoro sono facce indissolubili della stessa medaglia. In assenza di lavoro il Welfare è puro assistenzialismo, utile solo ad incrementare la povertà culturale ed economica. Un Welfare che mai contribuirà ad eliminare quelle fragilità intrinseche al nostro sistema socio-economico.
La politica dei piccoli passi, tuttora diffusa, fino ad oggi non sembra averci portato lontano. Ciò che manca è il “coraggio” di qualche scossone, apparentemente traumatico, ma senza dubbio necessario. Il “paese reale” è stato travolto da una consistente innovazione tecnologica ed è fortemente influenzato da importanti mutamenti socio economici e industriali. Tuttavia, non si intravedono ancora strategie politiche e indirizzi programmatici adeguati. Né può essere più accettabile la scusante dell’assenza di risorse. Ora le risorse ci sono e sono a nostra disposizione.
Dunque è il momento di porre particolare attenzione ad un modello stabile di economia sociale, finalizzato alla generazione di valore sociale in numerosi ambiti di interesse collettivo, dove la cura e la presa in carico non significa più destinare risorse in modo assistenzialistico, ma potenziare attività di assistenza socio sanitaria, educazione e formazione, cultura, innovazione, imprenditorialità, ambiente e valorizzazione del territorio.
L’economia sociale non può più essere trascurata e considerata come una fase secondaria del modello economico. L’economia sociale non è più un capitolo di spesa, ma un capitolo di investimento. Tanto più che il programma Next Generation EU prevede un cospicuo impiego delle risorse in progetti ambiziosi finalizzati al rilancio ed al riequilibrio del tessuto economico e sociale, soprattutto a vantaggio di qui territori finora considerati marginali. Che significa: innovazione, competitività e coesione, inclusione sociale. Formazione e avviamento al lavoro, rigenerazione urbana sostenibile con un occhio di riguardo per le aree interne e marginali del paese. Economia Circolare, Welfare di prossimità, turismo, cultura e sistema socio-sanitario.
È il momento di incentivare le collaborazioni virtuose, tra pubblico, privato e no profit. Tra servizi tradizionali e servizi innovativi, per diffondere una “concretezza visionaria”, ora più che mai indispensabile alla crescita sostenibile dell’intero Paese.